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  • 01 Giugno 2014

    Otto proposte per riformare (senza tagliare) la nostra sanità

    La spesa pubblica italiana ha il più basso tasso di crescita nell’UE

    Molti pensano che il nostro Servizio Sanitario Nazionale (SSN) sia un sistema universalistico che garantisce cure e servizi a tutti in modo equanime però con grandi sprechi: ma è proprio vero?


    Il SSN usufruisce oggi di risorse molto limitate (112 miliardi di euro all'anno) che bastano a garantire le cure per le patologie più importanti ma lasciano insoddisfatte molte aree di bisogno, dall'odontoiatria alla ginecologia o all'oculistica, tanto che la cosiddetta spesa “out of pocket” (letteralmente fuori dal portafoglio) ha raggiunto i 30 miliardi di euro/anno. Già oggi il 55% delle prestazioni ambulatoriali specialistiche sono pagate dai cittadini privatamente: siamo quindi lontani dall'universalismo tanto sperato.


    La nostra spesa sanitaria ha conosciuto un tasso di crescita bassissimo negli ultimi anni (1,7% nel periodo 2000-2011), e la spesa pubblica pro-capite è oltre il 25% in meno che in Francia o in Germania. Il disavanzo delle regioni con piani di rientro è sceso moltissimo (nel 2012 quello della Campania si è ridotto a un decimo di quanto non fosse nel 2005, quello del Lazio a un quinto, ecc.); così, attualmente, il disavanzo complessivo del SSN è stato praticamente azzerato. Anche il numero di posti letto ospedalieri per abitante è stato significativamente ridotto e oggi è uno dei più bassi della UE, mentre i ricoveri ospedalieri tra il 2000 e il 2011 sono scesi in tutto il Paese del 16,9%. Tutto ciò fa pensare che la tenuta finanziaria del SSN non dovrebbe destare grandi preoccupazioni a breve e medio termine.


    Il nostro è il sistema sanitario più sobrio di tutti i grandi paesi della UE, quello con il più basso tasso di crescita della spesa, e malgrado ciò nel 2012 è riuscito a raggiungere il pareggio di bilancio: questo spiega perché nella situazione attuale sia difficile individuare altri significativi margini di efficientamento se non di ordine minore anche se magari a forte impatto mediatico. Ulteriori tagli determinerebbero molto probabilmente la ulteriore riduzione della copertura di alcuni servizi.


    Cosa è possibile fare?

     

    1) Dato che sembra impossibile immaginare un aumento del finanziamento pubblico al SSN nei prossimi anni, almeno si definisca che tutti i risparmi ottenibili e ottenuti rimangano all'interno del SSN e contribuiscano al suo funzionamento.

     

    2) Si operi per priorità: alcune aree di intervento dovrebbero essere abbandonate e altre lasciate a una solo parziale copertura pubblica, ciò consentirebbe di investire in altri settori oggi emergenti (come ad esempio le malattie croniche).

     

    3) La mancata spesa in innovazione tecnologica di questi anni rischia di penalizzare moltissimo la nostra sanità, è indispensabile tornare a investire, anche qui facendo scelte di priorità.

     

    4) Bisogna intervenire sul sistema di compartecipazione alla spesa sanitaria da parte dei cittadini: oggi l'esenzione per patologia è indipendente da qualsiasi forma di reddito, una situazione da ripensare radicalmente.

     

    5) Lo sviluppo dei sistemi assicurativi e previdenziali necessita di linee di indirizzo per evitare una eccessiva frammentazione del servizio sanitario che altrimenti rischia di tornare indietro di 40 anni, alle vecchie mutue.

     

    6) Lo sviluppo di una rete di strutture ambulatoriali potrebbe da un lato migliorare l'offerta di visite specialistiche, l'area più in sofferenza del SSN, dall'altro affiancare la rete ospedaliera nella gestione dei malati cronici.

     

    7) I posti letto in strutture socio-sanitarie, dai post-acuti alle lungodegenze agli hospice anche non oncologici, vanno potenziati.

     

    8) Si dovrebbero sperimentare modelli di ospedali di insegnamento dove coesistano università e ospedale anche con nuovi schemi di cooperazione che prevedano, ad esempio, il “prestito” da parte dell'ospedale di figure professionali all'università, e non solo viceversa come avviene oggi, oltre a una valorizzazione della rete degli IRCCS.

     

    Oggi 4 milioni di europei viaggiano per farsi curare all'estero e il loro numero è destinato a aumentare. Intercettare questo bisogno con politiche di investimento tecnologico e di valorizzazione dei professionisti potrebbe costituire per l'Italia un importante punto di forza e di potenziale finanziamento aggiuntivo per il SSN.


    Sergio Harari e Francesco Longo