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  • 26 Febbraio 2021

    Sui vaccini l’Europa dovrebbe indicare una linea comune

    Non si può affrontare così una sfida globale come quella lanciata dalla pandemia: la frammentazione della sanità sta producendo risposte inadeguate

    La frammentazione della sanità a livello regionale ed europeo sta producendo risposte inadeguate a una sfida globale come quella lanciata dalla pandemia. Tutti sappiamo quanto sia importante la campagna vaccinale per uscire dall’emergenza che ha fatto crollare tutte le nostre certezze e ucciso ormai quasi centomila nostri concittadini ma le idee su come condurla sono varie e spesso confuse. Se i cambiamenti di rotta in un campo così sconosciuto, nuovo e nel quale le acquisizioni scientifiche si succedono a un ritmo vorticoso, sono del tutto comprensibili, meno lo è l’ordine o meglio il disordine con il quale si sta affrontando la più importante e vasta operazione di sanità pubblica che il mondo abbia mai conosciuto. L’Europa ha perso un’ottima occasione per fare politica sanitaria e condividere, almeno nelle linee strategiche generali, lo sviluppo della campagna vaccinale in modo coordinato tra tutti gli Stati membri, indicando per esempio quali dovevano essere le categorie da proteggere prima o se adottare politiche differenziate a seconda delle aree geografiche di trasmissione dalla pandemia e così via.

    Noi italiani poi ci stiamo distinguendo per campanilismi, complice la riforma del titolo V della Costituzione. Ognuno va per proprio conto senza un coordinamento preciso che tiri le fila e dia una linea comune, così le regioni fanno ognuna per sé, convinte che l’autonomia politica sia da declinare anche nel contrasto alla pandemia più globale della storia. Non sarebbe bello se l’Europa (l’Oms ha ormai perso molta della sua credibilità) indicasse ad esempio una linea comune su quando fare il richiamo della seconda dose, quando vaccinare chi ha già avuto il Covid, con quante dosi e con quale vaccino, e così via? E se la prospettiva europea è sognare troppo, almeno quella italiana con una dimensione finalmente nazionale sarebbe auspicabile, prima di ritrovarsi con il Veneto che fa diversamente dalla Calabria, tanto per citare un esempio, regioni lontanissime in tutti i sensi ma che condividono, come il resto del Paese e del mondo, gli stessi problemi nel fare fronte alla diffusione virale.

    Corriere della Sera - Sergio Harari