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  • 12 Luglio 2022

    «Bolle» e stanze a pressione, ora ripensiamo gli ospedali

    Bisogna gestire i pazienti con problemi chirurgici e internistici positivi senza ritardarne diagnosi e terapie o rallentare le altre attività

    Diciamo la verità: nessuno aveva previsto l’esplosione di contagi di queste settimane. Il virus ancora una volta ci ha preso in contropiede. Speravamo in un crollo della circolazione virale, come avevamo visto nelle due estati passate, e invece è avvenuto esattamente il contrario. L’arrivo di una nuova variante ha spiazzato qualsiasi previsione e cambiato completamente lo scenario. Intanto avevamo dismesso quasi tutte le azioni di prevenzione faticosamente messe in atto in precedenza, mascherine comprese, ripreso una vita praticamente normale e lasciato un po’ al palo i vaccini nell’attesa di un autunno più sereno e con nuovi sieri con i quali immunizzarsi. È bene ora rendersi conto che non è andata così e che il fatto che il virus corra non è una buona cosa.

    Aumentano i ricoveri soprattutto nelle aree mediche, le strutture ospedaliere sono ancora una volta sotto pressione mentre le ferie incombono e si cerca affannosamente di smaltire le lunghe liste di attesa accumulate in questi due anni e mezzo. Crescono i morti: alcuni diranno che molti decedono con il Covid e non per il Covid, il che è vero ma resta il fatto che il virus è spesso una concausa dell’aggravamento e che il numero presenta un chiaro trend in crescita. Molti esperti, anche a livello internazionale, ritengono che la possibilità che arrivi una variante altrettanto o più diffusiva dell’attuale ma più aggressiva sia remota, ma tutti aggiungono anche che non è affatto impossibile. Anche per questo avere una circolazione virale così alta è pericoloso, non sappiamo bene cosa ci riserva per il futuro il Sars CoV-2. Sarebbe bene passare dal «dimentichiamoci la pandemia» al «cerchiamo di capire come affrontare i diversi possibili scenari che si possono prospettare» e come andare oggi avanti. È inutile e francamente un po’ ipocrita dare raccomandazioni generali che nessuno poi rispetterà, mentre abbiamo ben visto come gli italiani si siano adeguati a comportamenti più che responsabili quando correttamente indirizzati.

    Anche negli ospedali serve una parola di chiarezza: continuiamo a avere aree solo Covid o diamo spazio e approviamo ufficialmente le cosiddette «bolle» nei reparti puliti? Se ben gestite, il rischio di contagio per gli altri pazienti è minimo, ma certo vanno adottate tutte le misure preventive del caso e monitorati gli andamenti epidemiologici nelle strutture. La sanità e soprattutto gli ospedali devono attrezzarsi per un nuovo scenario, nel quale poter gestire i pazienti con problemi chirurgici e internistici positivi al virus senza ritardarne diagnosi e terapie e senza rallentare le altre attività. Non è impossibile farlo anche se richiede un ripensamento delle nostre strutture ospedaliere, in questi due anni abbiamo imparato molto: bisogna prevedere stanze a pressione negativa nei reparti di degenza (è una modalità di ventilazione dell’aria che riduce il rischio infettivo e si usa già in molte situazioni, come quando si ricoverano pazienti con tubercolosi polmonare), studiare percorsi distinti «sporco e pulito» o capire se sia invece possibile farne a meno, fare lavorare le camere operatorie e i servizi (radiologie, endoscopie, ecc.) con slot di orari distinti per tipi di pazienti, e così via.

    Come facciamo poi a implementare con i medici di famiglia l’utilizzo ancora molto scarso degli antivirali? E forse sarebbe bene ritornare a discutere proprio del territorio che è mancato durante la fase acuta della pandemia e continua ovunque a brillare per la sua assenza. Dobbiamo dire forte e chiaro che la quarta dose va fatta adesso senza aspettare l’autunno e dare nuovo impulso alla campagna vaccinale, rimpiangiamo già il generale Figliuolo e la sua struttura commissariale. La pandemia non è finita e non siamo ancora nemmeno passati alla fase di endemia, non è il governo a decidere l’andamento del virus e forse meglio sarebbe, invece che rimuovere il problema, pensare a come affrontarlo, senza che questo voglia necessariamente dire tornare a provvedimenti che oggi sarebbero anacronistici, ma smettendo di fare finta di niente.

    Corriere Della Sera - Sergio Harari