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  • 26 Maggio 2022

    I sintomi del Long Covid, che colpisce un malato su due: dalla caduta dei capelli alla «nebbia mentale»

    Il libro sui disturbi che restano in migliaia di pazienti, anche bambini, oltre dodici settimane dopo aver avuto il Covid-19. Ecco cosa dice l’ultimo studio degli esperti dell’Università di Bari

    Un grande senso di stanchezza, fiato corto (dispnea), dolori alle ossa, ai muscoli e alle articolazioni, mal di testa, tosse, dolori toracici o senso di costrizione al petto, difficoltà di memoria e di concentrazione. Sono solo alcuni dei disturbi che restano in migliaia di pazienti dopo aver avuto Covid-19. Ma l’elenco dei sintomi che perdurano è lunghissimo, quanto quello delle domande aperte sulla sindrome Long Covid (l’Organizzazione Mondiale della Sanità ora ha deciso di chiamarla ufficialmente «post Covid-19 condition»), cioè lo stato di salute di chi accusa ancora problemi oltre le 12 settimane dal termine della fase acuta dell’infezione da Sars-CoV-2.

    Le indagini
    Anche questa è una malattia nuova e la scienza inizia a raccogliere le informazioni per rispondere. Una delle indagini più recenti, pubblicata pochi giorni fa sulla prestigiosa rivista The Lancet, ha preso in considerazione quasi 200 studi sul tema per un totale di oltre 120mila persone coinvolte: più della metà (ben il 57 per cento) aveva segni di Long Covid. Non importa se si è stati sintomatici o asintomatici e spesso non dipende neppure dalla gravità dell’infezione, sebbene chi è stato ospedalizzato (soprattutto in terapia intensiva) ha maggiori probabilità di sequele indesiderate. Anche l’età non è necessariamente un discrimine, infatti giovani e persino bambini non sono esentati, sebbene gli anziani appaiano comunque più in pericolo. Emergono però differenze fra i disturbi che colpiscono gli anziani piuttosto che i ragazzi e, pare ormai certo, pure fra le diverse varianti del virus: ad esempio, alterazioni persistenti dell’olfatto e del gusto sono più frequenti in chi si è ammalato durante la prima ondata.

    Quesiti aperti e risposte
    Sebbene i dati di quest’ultima ricerca, coordinata da studiosi dell’Università Aldo Moro di Bari, siano di grande rilievo perché valutano numeri molto ampi di pazienti, non sono conclusivi. I quesiti che attendono risposta sono ancora molti, ma nel libro «Post Covid. Che cosa dobbiamo sapere sulle conseguenze a lungo termine del virus per corpo e mente» abbiamo raccolto tutto ciò che finora abbiamo appreso, nel tentativo di dare informazioni concrete utili a chi oggi ha bisogno e vuole saperne di più. È il primo volume che fa un punto sulle conseguenze a lungo termine dell’infezione a livello fisico e psicologico, una guida per le persone che continuano ad accusare disturbi, per aiutarle a capire e interpretare i sintomi, a valutare quali esami fare, a chi rivolgersi per avere una diagnosi corretta e le terapie più idonee. Proviamo a spiegarne le cause, anche se su cosa scateni il Long Covid la ricerca ha ancora moltissimo da comprendere.

    Come si manifesta
    Nei vari capitoli ci occupiamo di tutti i problemi per ora noti: quelli che paiono più frequenti e che interessano l’apparato respiratorio, cardiovascolare e muscolo-scheletrico, ma anche gli altri di cui ancora non è ben definita la portata, ma che riguardano comunque milioni di individui al mondo. Se diarrea, nausea, disturbi dell’appetito, prurito cutaneo, eritemi, caduta dei capelli, problemi renali, diabete, squilibri endocrinologici sembrano interessare numeri inferiori di persone, la loro persistenza o comparsa (perché in effetti ci sono anche soggetti che vedono comparire ex novo i segni di post-Covid settimane o mesi dopo l’infezione, e non sempre sono problemi direttamente collegati a quelli manifestati nella fase acuta della malattia) non è di minore impatto nella vita di chi ne soffre. Le donne sembrano più a rischio di sintomi perduranti rispetto agli uomini, ma per tutti c’è una buona notizia: nella gran parte dei casi i problemi si attenuano, fino a scomparire, entro 6 mesi.

    I segni nella psiche
    Ampio spazio, poi, è dedicato alla psiche, ai segni neurologici, ai disturbi del sonno e alla diffusissima «nebbia mentale», che si manifesta con problemi a mantenere l’attenzione, ricordare, concentrarsi. Senza dimenticare le complicanze psichiatriche: depressione e ansia, disturbo post-traumatico da stress, disturbi cognitivi, fatigue, disturbo ossessivo-compulsivo, che appaiono spesso peggiorati in chi già ne soffriva e molto più frequenti nel resto della popolazione. La pandemia ha avuto un effetto devastante sullo stato di salute mentale, le quarantene e il distanziamento sociale hanno avuto enormi ripercussioni negative. Per tutti, dagli anziani ai bambini, passando per quegli adolescenti che sembrano pagare un prezzo altissimo con una crescita preoccupante dei casi di anoressia, bulimia, autolesionismo, disturbi dell’umore. Al post-Covid nei più piccoli è riservato un capitolo a sé, così come al ritorno all’attività sportiva, agonistica e non, che molti benefici può dare ai pazienti.

    Corriere della Sera