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  • 20 Aprile 2023

    Inquinamento e disparità sociali

    Marginalizzazione e disparità sociali hanno effetti diversi e talvolta inaspettati. I risultati di un importante studio medico condotto da biostatistici e epidemiologi americani

    È meglio essere ricchi e bianchi che poveri e neri, sembrerebbe una frase provocatoria e razzista e invece è il risultato di una importante ricerca scientifica che ha indagato quanto le disuguaglianze sociali giochino un ruolo nell’impatto dell’inquinamento atmosferico sulla salute.
    Lo studio condotto da biostatistici e epidemiologi delle università di Harvard e di Denver è stato appena pubblicato sul New England Medical Journal. I ricercatori hanno incrociato i dati sociosanitari e di esposizione al particolato fine Pm2,5 di milioni di americani ultrasessantacinquenni valutati per oltre 15 anni, ottenendo dati di grande interesse. Importanti studi avevano già documentato come elevate concentrazioni di alcuni inquinanti si correlino a un eccesso di mortalità prematura, ma questa è una delle primissime analisi che indaga la relazione tra disparità sociali e nocività dell’inquinamento dell’aria. Gli effetti dannosi sulla salute del particolato fine sono stati ampiamente studiati, è noto che qualsiasi siano i livelli atmosferici di Pm 2,5 questi determinino effetti negativi sull’organismo, ma questa ricerca prova che poveri e neri ne soffrono di più, e non perché più suscettibili ma perché più esposti. L’esclusione sociale si traduce in vivere in quartieri più poveri con edifici abitativi costruiti in prossimità di strade di grande traffico e avere meno accesso a spazi verdi. 

    Gli autori hanno valutato i dati sanitari derivanti dall’assicurazione medica per ultrasessantacinquenni Medicare di più di 73 milioni di americani di etnia nera (la maggiormente colpita da fenomeni di marginalizzazione razzista) o bianca, dividendoli in gruppi a seconda di indicatori del loro stato sociale, come il possibile accesso al programma Medicaid che garantisce in America assistenza integrativa alle fasce più deboli. La divisione è un po’ schematica perché chi non può avere quest’ultima forma di assistenza non necessariamente è benestante, ma serve a circoscrivere gli ambiti più disagiati da quelli che lo sono meno. Hanno poi condotto le loro analisi partendo dal CAP di residenza incrociato con i dati locali di inquinamento dal 2000 al 2016. Complessivamente i livelli medi annuali di Pm 2,5 durante il periodo di studio sono stati di 9,8 microgrammi per metrocubo (meno della metà di quelli che si registrano mediamente nel Nord Italia), i soggetti di etnia bianca sono stati meno esposti di quelli neri e tra questi ultimi i poveri lo erano di più. Gli autori segnalano infine che l’identità razziale è stato il fattore maggiormente discriminante per quanto riguarda l’esposizione all’inquinante.
    Lo studio ha documentato come concentrazioni più alte di particolato fine siano associate a un aumento di mortalità e come la riduzione delle stesse, registrate nel corso degli anni, si sia tradotta in miglioramenti di sopravvivenza, ma soprattutto indica come etnia e stato sociale possano essere determinanti importanti da tenere in considerazione. Marginalizzazione e disparità sociali hanno effetti diversi e talvolta inaspettati come questi, per superarli è sempre più necessario un approccio integrato e trasversale, e non solo e unicamente medico.