17.215 domande per
18.918 posti, sono questi i numeri degli esami di ammissione al corso di Laurea in
scienze infermieristiche quest’anno. Meno candidati che posti, con un calo dell’
11% rispetto al 2024 quando furono 19.421. Il problema però non è solo di chi lavora in sanità ma di tutti, senza personale gli
ospedali chiudono. Come sta già avvenendo: in molte realtà alcuni
reparti sono stati ridotti, dei
servizi sono stati chiusi o accorpati ad altri, nuove strutture non sono mai partite o sono solo parzialmente aperte. Qualcuno ha pensato di
importare infermieri dall’estero ma la soluzione non regge: oltre ai problemi di
lingua,
cultura e
formazione, le nostre
retribuzioni non sono concorrenziali con gli altri paesi nostri vicini, se uno deve spostarsi dall’India va in
Germania, non certo in Italia. Perfino chi parte dall’
Albania, Paese con il quale abbiamo una certa affinità, va da altre parti.
Se la criticità è garantire una adeguata presenza di personale alle sempre maggiori e più complesse necessità cliniche, la
scarsità di candidati e di studenti in infermieristica sta pericolosamente abbassando i livelli di
selezione, si promuove chiunque pur di avere poi nelle corsie ospedaliere qualcuno che guardi i malati. Per tamponare, almeno in parte, il problema, è stata recentemente istituita la figura dell’“
assistente infermiere”, una sorta di
OSS (operatore sociosanitario) riqualificato, che va bene come aiuto parziale ma non può sostituire le competenze e professionalità di chi ha avuto una
formazione specifica (poi, come sempre, la differenza la fanno le persone, ci sono OSS bravissimi e molto attenti).
Un
infermiere guadagna meno di un
cameriere, che però non è tutti i giorni a contatto con la
sofferenza e con la
morte, non fa turni notturni di 12 ore, e non ha le stesse
responsabilità: sbagliare un piatto non è la stessa cosa che sbagliare una flebo.
Inutile girarci intorno, vanno adeguate le
retribuzioni e commisurate a cosa si fa e dove, un conto è lavorare a
Milano in un reparto molto gravoso, un altro è fare assistenza in una realtà meno impegnativa in aree del Paese meno impegnative. E se aumentano i costi del
personale vanno conseguentemente rivisti i rimborsi riconosciuti per le
prestazioni sanitarie, come i
DRG.
Foto
Unsplash