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  • 05 Settembre 2015

    Un’eredità da onorare – Milano e il dialogo tra religioni

    Editoriale Corriere Milano

    Domani si terrà la Giornata Europea della Cultura Ebraica, a distanza di 16 anni dalla prima, e quest'anno avrà come tema “Ponti & AttraversaMenti”. Proprio pochi giorni or sono, Renzo Gattegna, presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, stigmatizzando come decine di profughi fossero stati “letteralmente marchiati, come fossero bestiame al macello”, invitava alla costruzione di ponti di dialogo e solidarietà, impegnando a questo fine “l'esperienza di amore per la convivenza delle realtà ebraiche”.


    La Comunità Ebraica di Milano ha voluto affrontare il tema dei ponti interreligiosi, soprattutto verso il mondo islamico e quello cattolico, forte della sua importante tradizione. Il 50% degli ebrei milanesi provengono da paesi del Nord-Africa e dal mondo arabo-islamico (Libano, Egitto, Siria, Iran e altri ancora), dove hanno vissuto in prima persona i problemi della convivenza. Per questo uno dei dibattiti vedrà coinvolte tre persone che rappresentano le realtà oggi più significative e delle quali più si discute: David Meghnagi, docente di psicologia a Roma che nel 1967 fuggì dal pogrom scatenato contro gli ebrei a Tripoli, lo scrittore Miro Silvera, nato a Aleppo, e Daniel Fishman, studioso della storia degli ebrei iraniani. Ascoltarli forse aiuterà a capire meglio anche il presente. La parte dedicata ai rapporti con il mondo cattolico vedrà al centro delle iniziative la figura straordinaria, anche dal punto di vista umano, del rabbino Elio Toaff, scomparso pochi mesi fa, che nel 1986 accolse nella sinagoga di Roma la storica visita di Papa Giovanni Paolo II. Milano ha sempre avuto un ruolo importante nella costruzione dei “ponti”. Un esempio in passato è stata la collaborazione fra il cardinale Martini e il rabbino Laras; oggi è la generosa ospitalità offerta ai profughi presso il memoriale del Binario 21 alla stazione Centrale, sotto quella scritta “indifferenza” che campeggia all'ingresso del Memoriale a caratteri cubitali, monito a non voltare mai più la faccia dall'altra parte per nessuno, ebreo, zingaro, o profugo che sia.


    La cultura è un altro ponte che supera qualsiasi divisione e preclusione ideologica, è bene ricordarlo in questi giorni di polemica sul discusso concerto in Iran di Daniel Barenboim, da qualcuno definito “il concerto che nessuno vuole”. Basterebbe leggere l'autobiografia di Ramin Bahrami, il giovane pianista iraniano oggi star mondiale, intitolata in modo emblematico “Come Bach mi ha salvato la vita”, per capire l'importanza che può avere la musica nel superare barriere e integralismi. Un ponte si costruisce col tempo ma l'esperienza di Milano viene da lontano e può rappresentare un esempio di dialogo per tutti nel rispetto reciproco, riconoscendo le proprie e le altrui radici.